Significato dell'esperienza di Cividale

Dopo Cividale fui invitato dal dottor Leopoldo Tesi a lavorare con lui nel gruppo di Pirella e Basaglia nell'ospedale psichiatrico di Gorizia. Fu lì che cominciai a frequentare Jervis che, poco dopo, mi avrebbe invitato a Reggio Emilia.
Intanto infuriava la polemica sul significato della esperienza di Cividale, che nel momento divenne famosa anche all'estero, se non altro per la singolarità dell'intervento con cui era stata stroncata.
L'11 ottobre 1968 il settimanale culturale del Partito Comunista "Rinascita" pubblicava un significativo articolo sulla nostra esperienza dal titolo "I poveri sono matti?".
In seguito sullo stesso giornale veniva pubblicata una intervista a Cotti dal titolo "La pazzia è una invenzione"; inoltre il 25 ottobre usciva una lettera firmata da me e da Roberto Vigevani che metteva in discussione il significato della psichiatria nella sua totalità, e che si intitolava: "La polemica attorno alla esperienza del Neuro di Cividale-- Anche nella psichiatria ci sono gli aristotelici".
Dopo pochi mesi cominciò a prevalere la tesi che inquadrava l'esperienza di Cividale in un discorso di riforma della psichiatria, invece di considerarla, come io ritenevo, l inizio di un distacco completo da quella disciplina. Anche Cotti aveva cominciato a dichiararsi pubblicamente e ad agire in pratica come un riformatore della psichiatria.
Il 20 aprile del 1969, quando già stavo lavorando a Gorizia, io precisavo in una mia lettera al periodico "Sette giorni in Italia e nel Mondo" il mio pensiero su Cividale e sulla psichiatria:

Ho letto il vostro articolo sui problemi dell'assistenza psichiatrica: l'ho trovato ben documentato e interessante, uno dei migliori tra quelli usciti finora.
Vorrei in questa lettera, sia pure in poche righe chiarire il punto di vista fondamentale che ha guidato l'azione del gruppo di Cividale.

Noi non riteniamo possibile separare la negazione delle istituzioni psichiatriche dalla negazione della psichiatria come scienza, perché è per l'appunto la psichiatria che ha costruito i manicomi, che li costruirebbe ancora, e che continua a giustificarne l'esistenza non solo in Italia, ma purtroppo nella maggior parte delle nazioni del mondo.
La psichiatria - noi affermiamo - è nella sua essenza una ideologia della discriminazione, e tutti i suoi concetti sono scientificamente inconcludenti e infondati e praticamente dannosi.

Lo affermiamo e siamo sempre disposti a dimostrarlo. Sul piano politico si potrebbe fare un parallelo molto significativo. Non è possibile apprestarsi a distruggere i lager e i ghetti senza negare e distruggere l'ideologia della razza, di cui i lager e i ghetti sono una logica e inevitabile conseguenza.
Nel periodo feudale della nostra civiltà la giovane ragazza esasperata, che gridava o aveva svenimenti o si dibatteva o aveva convulsioni, era considerata indemoniata e esisteva un a tecnica ben precisa per giudicarla e per liberarsene.
Nel periodo moderno o contemporaneo una ragazza in condizioni simili è considerata isterica o schizofrenica spesso a seconda delle condizioni sociali.
L'ideologia psichiatrica ha sostituito l'ideologia demonologica con le stesse identiche funzioni. Esorcizzare o eliminare. Se al contrario si affrontano sul serio i difficili problemi della esistenza umana individuale nei suoi continui concreti e reali rapporti con la realtà sociale, si collabora con la persona interessata mettendo in discussione tutto e tutto sotto critica.
Allora non abbiamo più bisogno di parlare di isterici o di schizofrenici per lo stesso motivo che non abbiamo più bisogno di parlare di indemoniati.
E logico che - mettere in discussione tutto - è l'ultima cosa che l'ordine costituito è disposto ad accettare, specialmente quando questo - mettere in discussione tutto - non è teorico ma è operativo. Così si lavorava a Cividade, e per questo è arrivata la polizia.
Siamo anche noi medici e sappiamo benissimo che, oltre a malattie dei reni dello stomaco e dei polmoni, esistono anche definite malattie del sistema nervoso centrale, ma è proprio questo che ci permette di distinguere gli effetti di un processo morboso (ad esempio l'encefalite o la paralisi progressiva) dagli effetti terribili dovuti alla disperazione di vivere in una società disumana.
Per questi motivi noi lavoriamo non per riformare la psichiatria, ma operiamo perché la psichiatria, insieme alle orribili istituzioni che ha distribuito per il mondo, sia finalmente, come direbbe Hegel, "attraversata dalla furia del dileguare".