The Spunk Archive
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Abstract
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This issue is dedicated to symbol and symbolism. A survey on symbolism of cloths and an answer to the annoying question "why the comrades wear black cloths"? Cat & Mouse in the political symbology, an idea about the logo of a new political party in Italy and a long piece on the symbol of runas: are they rightwing or leftwing symbols?
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rAn, n.7, settembre 1994

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per la liberazione dell'intelligenza

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I SIMBOLI dovrebbero servire a comunicare, dai colori con cui si dipingevano il viso gli Indiani d'America alla segnaletica stradale, ma anche ad identificare l'appartenenza a un gruppo, un territorio, un'idea.

Puo' capitare pero' di trovarsi in una stazione ad aspettare un treno e vedere un ragazzo in vacanza, vestito come te, con uno zainetto su cui, tracciati a pennarello, ci sono una croce celtica, il simbolo pacifista, una A cerchiata e la scritta Guns 'n' Roses. Ed allora ti accorgi che non basta conoscere ogni singolo simbolo per dedurre a quale "tribu'" appartiene chi hai davanti (sara' un "amico" o un "nemico"?); occorre saperne leggerne la COMBINAZIONE, a sua volta simbolo di quell'enigma che e' la societa'.

Saltellando allegramente tra le sabbie mobili del simbolico, abbiamo quindi il piacere di confondervi ulteriormente le idee: l'abito fa il monaco o viceversa? black is beautiful? ci sono rune antifasciste? i gatti sono piu' rivoluzionari dei topi? do you remember Castrol?

Questa e' la nostra guerriglia subacquea.

(Per i compagni del COMIDAD: ahia-iahi signora Longari... "L'ombra del guerriero" non e' il sottotitolo di "RAN" ma di un altro film di A. Kurosawa, "KAGEMUSHA". Se vi e' oscuro il significato di RAN vi regaliamo una traccia da cercare nel libro di V. Garcia, MUSEIHUSHUGI - Breve storia del movimento anarchico giapponese, Collana Vallera)

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LE SCIMMIE DI GIAVA

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Geronimo e' un indiano o un nativo americano?

"Il linguaggio ha pronte per tutti le stesse trappole: l'enorme rete di strade sbagliate ben praticabili"
(L. Wittgenstein)

La prima volta che, come cricca di rAn, ci siamo riuniti per impostare un numero che parlasse di simboli, la conversazione si e' dispersa in mille rivoli; partiti con l'idea di "criticare il simbolo", ci siamo accorti che qualsiasi forma di linguaggio necessita di simbolizzazioni: percio' niente simboli niente comunicazione.

Il termine "simbolo", nella sua accezione piu' ampia, richiede quindi una quindicina di volumi solo per esplorarne i significati. Tornando dunque a quella che piu' o meno era la nostra idea iniziale, decidemmo di parlare di emblemi, cioe' quei simboli che servono a comunicare agli altri (ed a noi stessi) l'appartenenza ad un gruppo sociale, politico, etc.

Circoscrittone il significato, possiamo tornare ad usare il termine simbolo (che e' simbolo esso stesso, in un gioco di specchi da ultimo Borges), dato che "emblema" e' parola bruttina ed evocativa di araldiche un po' demode'. Il simbolo come segnale di appartenenza, si puo' portare addosso (una spilla, un eskimo, un tatuaggio, una bandiera), ma puo' essere un libro (Cent'anni di solitudine, Mein Kampf, L'uomo mascherato), un film (Top Gun, Rambo, The Blues Brothers) o quant'altro in un dato momento serve appunto ad identificarci. Il linguaggio dei simboli, quanto qualsiasi altra forma di linguaggio, e' ambiguo, essendo legato a fasi storiche / culturali / geografiche. Ed essendo tali fasi permeabili le une rispetto alle altre, ci sono momenti e situazioni in cui il simbolo, sfumando da un contesto / significato ad un altro, anziche' chiarire un messaggio, ingenera confusioni, ostacola anziche' favorire la comunicazione. Ed ecco il fascio che passa dai contadini in lotta agli squadristi, o viceversa il giubbetto di cuoio nero dai ribelli alla James Dean ai motonazi USA agli squatters, con le relative confusioni nel passaggio da un gruppo all'altro. Piu' interessante puo' essere cercare di capire se e quando nell'appropriarsi dei simboli dell'avversario c'e' una volonta' di generare confusione, di ostacolare la comunicazione: penso ai fasci inneggianti a Che Guevara, agli pseudo-nazi Guns 'n' Roses che cantano "Knockin' on heaven's doors", ai nazi-maoisti etc.

In certi casi forse si "offre" il simbolo pensando con cio' di fornire tutte le motivazioni di una scelta: si offre percio' a chi per limiti culturali non articola un linguaggio piu' complesso, quello ipersemplificato (tribale?) degli emblemi: Che Guevara e' il "ribelle", percio' e' bandiera per chi tale si reputa, magari tirando cocktails molotov in testa ai negri "protetti dallo stato". Nelle curve degli stadi convivono senza avvertire contraddizioni il pentacolo brigatista e la svastica: entrambi hanno il profumo dell'illegalita', della "ribellione", dell'antisocialita'. Il simbolo diventa percio' qualcosa che si appiccica addosso alla "massa di manovra" senza andare troppo per il sottile, oppure che viene indossato senza approfondirne il significato, ma generalizzandolo.

Ma il linguaggio cela sempre ambiguita', equivoci, trappole: gli indigeni di Giava dicono delle scimmie che "non parlano, per paura che le facciano lavorare". Il linguaggio rende schiavi?

Il gioco consiste nel rimanere in equilibrio su questo linguaggio, non nell'ipotizzarne l'abbandono impossibile (niente simboli, niente comunicazione!).

L'esasperazione di questo gioco puo' portare all'assurdo del "politically correct", per cui Geronimo non e' piu' un indiano ma un "nativo americano", uno spazzino un "operatore ecologico", e compagne/i (l'orrore di quella barra!) Il simbolo serve a semplificare un messaggio; quando il significato del simbolo sfuma, o muta totalmente, anche perche' il contesto cambia, ingenera fraintendimento. Allora non serve piu': nella pattumiera senza remore, tanto non sanguina.

In appendice proponiamo uno specchietto che e' un omaggio alla moda "interattiva": ci siamo divertiti a comporre i "kit del perfetto...", incrociando figuri-tipo con gli elementi simbolici che usano, senza pretesa di completezza. Il giochino consiste nel continuare ad aggiungere tanto i simboli quanto i figuri, e nel vedere quali e quanti "simboli" hanno in comune persone (o personaggi?) che in comune dovrebbero avere poco o niente. L'ultima colonna dei "figuri" cerca di identificare quei simboli che sono passati anche nella pubblicita': non scordiamoci che pero' spesso il cammino e' inverso; la pubblicita' a volte ha infatti riciclato in nuovi gruppi simboli che provenivano da altri.

Buon divertimento.

Panurge

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1494-1994
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"Sull'esempio di Lucillo, il quale dichiarava di non scrivere che per i suoi Tarantini e Cosentini, io non ho forato la mia botte che per voi, galantuomini, per voi, bevitori del primo tino, per voi gottosi, gocciofili, e sorseggiatori di buona lega. (...) Dei cervelli dottorali, dei lambiccatori di correzioni, non me ne parlate per carita', in nome e per riverenza delle quattro natiche che vi hanno messo al mondo e del vivificante piuolo che le congiunse. (...) Mai vecchia scimmia fece bella smorfia. Indietro mastini! Fuori dal mio recinto! Non levatemi il sole. Al diavolo canaglie! Ah voi venite per fiutar come cani il culo al mio vino e scompisciare la mia botte? (...) Indietro dunque. bacchettoni! Fuori di qui, ipocriti! (...) Se ne andranno una buona volta? Mai non possiate andar di corpo che a suon di staffilate, mai pisciare che a tratti di corda, mai riscaldarvi che a suon di legnate!"

Buon compleanno, papa' Franois!

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Il kit del perfetto...
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anfibi [2] [3] [6] [7]
jeans (pantaloni) [1] [2] [3] [4] [5] [6] [7]
jeans (giubbotto) [1] [2] [5]
chiodo nero [2] [3]
bandanna [2] [3] [5] [6] [7]
bomber [3] [6]
anellino [1] [ [4] [5]
orecchini [3] [4] [5]
capello a zero [3] [5] [6]
svastica [3] [4] [5] [6] (indu') (indu')
simbolo pace [1] [4] [6]
celtica [3] [5]
A cerchiata [2] [4] [5] [6]
stella [2] [5] [6]
Teschio e tibie [2] [3] [5] [6]
yin-yang [4] [5] [6] [7]
om [4] [5] [6]
renault 4 [1] [2] [4] [5]7]
rambo/rocky [3] [6]
blues brothers [1] [2] [4] [5] [6]
che guevara [1] [2] [3] [4] [6]

Legenda:
[1] progressista
[2] rivoluzionario
[3] fascio
[4] freak
[5] surfer
[6] ultra'
[7] pubblicita'

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PECORE NERE E MOSCHE BIANCHE

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Perche' i compagni si vestono di nero?

Un simbolo, lo sappiamo tutti, rimanda sempre a qualcos'altro e (in questo senso) tutto e' simbolo e nulla lo e'. Anche un semplice colore quindi puo' acquistare una valenza particolare per alcune persone.

Alcuni compagni hanno l'abitudine di vestire di nero e ci siamo chiesti se questa fosse un segnale di un qualche "sentimento luttuoso" o solo una moda come un'altra.

Dal punto di vista dello sviluppo fisiologico il nero e' il primo colore che si impara a conoscere, nel senso che un bambino percepisce per prima cosa i contrasti (chiaro-scuro) e solo dopo i vari colori.

Secondo la psicologia dei colori, il nero non e' affatto un colore, ma la negazione stessa dei colori (piu' o meno come il neutro grigio) e la sua scelta puo' essere indicativa di una "attitudine negativa verso la vita" [M. Luscher, Il Test dei Colori, Roma 1976, p.29]; il nero rappresenta anche una protesta, un "no" opposto al "si" del bianco [Luscher, cit., p.64] di qualcuno che "e' in rivolta contro il fato, o almeno contro il proprio fato" [idem].

Il nero simboleggia l'assoluto e la sua connotazione negativa e' principalmente legata alla cultura europea: dall'uomo nero al diavolo che e' piu' spesso nero che rosso, dai gatti neri alle messe nere. Ma gia' nella tradizione alchemica il nigredo e' uno dei nomi della pietra filosofale e se le madonne nere ricordano molto da vicino Kali', la nera, altrove il colore del lutto e' il bianco.

Quello che cerchiamo di dire e' che questo colore e' altamente ambivalente, connotando in modo diverso i sostantivi a cui si accosta, ma restando comunque, ed e' questa forse la sua caratteristica principale, un veicolo di emozioni "forti".

Le osservazioni che seguono, basate su un, assolutamente parziale, accostamento di alcuni dei simboli "neri" che incontriamo di frequente puo' dare meglio l'idea della nostra tesi.

Il colore nero connota, in modo esplicitamente negativo, spazi temporali: una giornata nera, una settimana, una annata; o, piu' genericamente, un periodo, che ha avuto o avra' un termine. O addirittura, in modo piu' particolare un momento molto preciso: un lunedi', martedi' ecc... col massimo per il venerdi' 17, ma questo e' un altro discorso.

Anche sentimenti quali l'umore nero che genera neri pensieri, fanno parte di questa primo elenco.

In tutti questi casi l'uso del nero ha ben poca ambiguita'; chiunque sarebbe concorde sulla particolare valenza "negativa" del colore.

In altri casi invece il colore e' piu' ambivalente: "pecora nera" e' un complimento per un dissidente ed un'offesa per un conformista. La lista nera non promette mai nulla di buono per una minoranza della popolazione, mentre per altri e' un utile elenco di nemici da eliminare.

Allo stesso modo brigate nere, falangi nere, camicie nere e penne nere rappresentano simboli positivi e negativi a seconda delle persone. Basco nero e bandiera nera fanno parte della stessa categoria; anche se la bandiera nera ha la caratteristica di essere doppiamente ambivalente: basti pensare all'utilizzo fattone dai pirati, dagli anarchici e da gruppi autoritari di destra.

In alcuni casi l'ambivalenza e' anche piu' forte, basti pensare che "Black Legion" e' uno dei nomi del KKK, associazione che notoriamente non si puo' dire che ami quel colore... vestendo appunto di bianco.

Mentre il cavaliere nero puo' essere identificato sia con Berlusconi, con scarsa fantasia, che con Zorro (povero Zorro), l'uomo nero e' alternativamente Diabolik e l'extracomunitario che porta via il bimbo che non vuole mangiare la pappa. Nel campo dei fumetti il nero e' accostato sia ad eroi "neri" che alle varie maschere che nascondono l'identita' dei "buoni".

Passando a cose piu' "nobili" mentre in Spagna il colore era riservato ad alti dignitari di corte, in Italia il principe nero veniva identificato, qualche decennio fa, in J.V. Borghese (un vecchio arnese golpista) e la nobilta' "nera" e' ancora - come allora - quella cattolica apostolica e romana che vive la sua anacronistica esistenza chiusa nei suoi bui palazzoni.

In economia, manco a dirlo, il nero ha una valenza positiva per i padroni e negativa per gli sfruttati: congiuntura nera, pagamenti in nero, fondi neri, lavoro nero, non hanno bisogno di presentazioni e non suonano allo stesso modo alle orecchie di industriali ed operai.

Mentre nell'ambito della cultura accademica lo humour noir non ha mai goduto di molto seguito, e quasi tutti potrebbero essere concordi sulle sue caratteristiche neutro-positive, la letteratura e la cronaca nera hanno il loro affezionato pubblico pronto a qualsiasi efferatezza. Altalenanti restano le fortune dei film noir.

Nel mondo mistico-religioso troviamo da una parte le gia' citate madonne nere, anello di congiunzione con personaggi legati a riti orientali ed esotici, vedi Tezcatlipoca, il Dio nero, dall'altro il loro opposto: messe nere, magia nera e streghe nere. Anche dopo migliaia di anni restano ambivalenti le sorti del gatto nero.

L'oro nero - dollaroni sonanti per i capitalisti - provoca spesso il mare nero (che non e' una canzone di Battisti) sul quale transitava il mitico corsaro, nero, naturalmente.

C'e', anzi c'era una volta, la "mano nera", misteriosa organizzazione criminal terroristica capace di rivendicare sia l'attentato di Sarajevo che l'uccisione di Petrosino. In altri momenti la "mano negra" minacciava i latifondisti spagnoli. Oggi, al massimo, e' un gruppo musicale...

L'anima nera del complotto, la peste nera del medioevo prossimo venturo, la venere nera dell'erotismo (Josephine) e la vedova nera della misoginia sono altri simboli di comune utilizzo.

Abbiamo a questo punto rinchiuso in un semplice schema alcuni dei simboli a cui abbiamo accennato. Le definizioni di "positivo" e "negativo" sono ovviamente di comodo, poiche' mentre nessuno si azzarderebbe a dire che una "giornata nera" e' una bella giornata, tutti siamo concordi nell'affermare che una "camicia nera" provoca sentimenti contrastanti (positivi-negativi).

E' facile constatare, ripercorrendo lo schema, che, nella maggioranza dei casi, il simbolo nero ha una valenza ambigua, positiva-negativa, nel senso indicato sopra.

Tornando a cose piu' serie (?), si discuteva sull'attitudine dei compagni (ma non solo loro) di vestire spesso di nero e le opinioni erano, manco a dirlo, contrastanti. Una ulteriore dimostrazione dell'ambiguita' di fondo di questo simbolo.

Lo schwarzblock dei compagni tedeschi puo' avere un utile, anche se minimo, effetto deterrente verso le forze dell'ordine che controllano i cortei, proprio per le valenze di un colore che - tradizionalmente - non promette nulla di buono. O che comunque viene molto spesso interpretato in modo abbastanza ambiguo da permettere una difficile decifrazione da parte del potere riguardo al suo vero significato.

La tradizione del nero-lutto esiste proprio perche' questo colore viene a torto considerato come "altra cosa" da quello che in realta' e': una sfumatura cromatica che puo' piacere o meno, ma che non ha altri poteri che quelli che gli attribuiamo.

Farsi forti con le debolezze altrui, sfruttare le credenze dei nostri avversari puo' sembrare poco cavalleresco, ma certamente sono mezzi che non contrastano con i nostri fini che sono anche quelli di farla finita con la schiavitu' delle superstizioni.

Del resto anche se i fantasmi vestono di bianco, come durante la manifestazione del 10 settembre scorso a Milano, fanno paura lo stesso...

Pepsy

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ABITI NERI

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PerchŽ indosso vestiti di lutto?
Sono in lutto per le famiglie che ho avuto
per la pazzia che non ho avuto mai
Ma che ora mi concedo
per la perdita d'amore del mondo
per i rispettivi destini dei miei genitori
per l'amore piu' completo che ho conosciuto e che
ho distrutto.
Sopra ogni altra cosa sono in lutto per
la mia stessa morte
che e' precisamente quella morte che ostinatamente vivo
E porto il lutto per la morte dell'
amore nel mondo
E per la non-distinzione tra la morte e l'amore
Sono in lutto per la non-distinzione ma anche
per un eccesso di distinzioni
Sono in lutto per la mia incapacita' a
spezzare tutte le differenziazioni del mondo
cosi' da rendere il cosmo una sola attivita'
Sono in lutto per l'apparente distanza
delle stelle e delle galassie e perchŽ non posso trovarle
tutte in un sol luogo che e' il mio cuore
che e' il cuore del mondo.
Sono in lutto perchŽ gli anni luce tra
noi e Andromeda sono un mito in cui
la gente crede. Andromeda e' in noi e noi siamo in lei.
Sono in lutto per la scarsita' di una vera
violenza che liberi uccidendo
la morte - una violenza che pianti con amore una bomba
nel cuore della morte.
Ma soprattutto sono in lutto per la mia stessa morte
Ma puo' essere che questa sia un'altra menzogna
Puo' essere che io sia soltanto in lutto
Puo' essere che io sia soltanto
Puo' essere che io possa essere un essere che puo' essere
Ma puo' essere che io sia soltanto in lutto.

David Cooper
(da La morte della famiglia)

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MI E' SEMBLATO DI VEDELE UN GATTO

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Gatti e topi nella simbologia politica

Recentemente qualcuno, dopo aver letto il fumetto antinazista Maus, ha criticato la scelta dell'autore di raffigurare come gatti gli aguzzini nazi e come topi le loro vittime ebree; i gatti ha osservato, non hanno mai costruito lager. Ma oltre che agli amici dei felini, la qual cosa non deve aver fatto piacere neppure ai fascisti; dopo essere stati per tanto tempo considerati "topi di fogna", al punto da averne fatto un fumetto su un loro ironico giornaletto negli anni '80 (l'Eco della Fogna, appunto), improvvisamente si sono trovati "accomunati" agli ebrei.

Ben strano rapporto quello esistente tra animali, fumetti e simboli militanti, su cui vale la pena di soffermarsi.

Tale utilizzo nasce, con ogni probabilita' durante la Seconda Guerra Mondiale quando molti piloti personalizzano i loro aerei dipingendo sulle fusoliere i personaggi dei fumetti piu' popolari, copiando talvolta anche quelli degli avversari; basti, ad esempio, pensare a Gambadilegno di Walt Disney preso a simbolo, accanto al fascio littorio, da una squadriglia italiana da bombardamento.

Ma e' opportuno limitarsi a "gatti e topi".

Gia' prima dell'ultimo conflitto mondiale, i Sorci Verdi (dal detto "far vedere...") erano il simbolo dei bombardieri italiani, tanto che, per spirito di rivalita', sui caccia del 51” Stormo comparve un Gatto Nero intento ad acchiappare tre topi appunto verdi. Il 3” Stormo Caccia aveva invece come stemma 4 Gatti, 2 neri e 2 bianchi, alludendo al fatto di essere i "soliti quattro gatti".

Nell'aviazione americana fece allora la sua comparsa Topolino (ancora in calzoncini e tutt'altro che lo zelante cittadino amante dell'ordine che sarebbe diventato in seguito) ma, soprattutto, Felix the Cat (conosciuto in Italia come MioMao) del grande Pat Sullivan.

Dall'altra parte da menzionare il cattivissimo topastro (una via di mezzo tra il primo Mickey Mouse e il dispettoso Ignatz dal mattone facile) sulla carlinga del Messerschmitt dell'asso tedesco Galland.

In seguito, annunciato dalla breve epopea underground di "Fritz il pornogatto", si sarebbe dovuto attendere il fatidico '68 per veder spuntare nuovamente fuori la vecchia Talpa della rivoluzione (inizialmente comparve sulla stampa trotzkista, ma successivamente verra' ripresa da buona parte del movimento, anarchici compresi, in diverse varianti, di cui l'ultima risulta essere quella di Anarcobaleno su Umanita' Nova), il Gatto Nero dello sciopero selvaggio e dell'IWW, nonche' innumerevoli razze di topi quasi sempre fascisti (unica eccezione il Topolaccio situazionista). Nell'89, in alcuni centri sociali, fa la sua ricomparsa Felix (conosciuto in Italia come MioMao), mentre tra i fumetti alternativi piu' feroci s'affermano le storie di Squeak the Mouse di Mattioli; nel '90 nasce il movimento della Pantera, a cui gli studenti piu' studiosi contrappongono una improbabile Pantera Rosa. Nel '93 i fascisti della Cisnal, come loro abitudine scopiazzano il caratteristico Gatto Nero del sindacalismo d'azione diretta, per un loro manifesto; ma la cosa non ha seguito se si eccettua un fantomatico movimento anticomunista Tigre Nera; mentre invece qualcosa di molto simile continua ad essere il logo pubblicitario di una nota marca di giacche a vento.

Difficile quindi stabilire, una volta per tutte, l'orientamento ideologico di topi e gatti che continueranno ad inseguire il nostro immaginario antropomorfita.

Ma Gatto Silvestro e' di destra o di sinistra?

Jean Rabe

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GOCCE

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Come diventare il simbolo della rivolta nel Chiapas?

Se, un anno fa, vi avessero chiesto del subcomandante Marcos, avreste probabilmente risposto "sub..che?" Oggi invece sapete tutto di lui: corporatura, colore degli occhi, accento; un vicecomandante che viene intervistato cento volte in piu' della comandante di sesso femminile, a proposito, sapete come si chiama?

Il nome, provate ad immaginare un nome di battaglia diverso: subcomandante Pascuale, oppure Jose', Antonio...

Sul "San Francisco Chronicle" (giornale della borghesia californiana) dell'Aprile scorso, durante l'ennesima intervista Marcos ha raccontato di quando lavorava come cameriere a Frisco e di come venne licenziato perche' gay. Apriti cielo, i diarios mexicani si sono buttati a pesce sulla incauta dichiarazione. Ma un simbolo si costruisce anche cosi', dandogli modo, nel comunicato seguente, di precisare che: "Marcos e' un gay a San Francisco, un nero in Sud Africa, (...) , un anarchico in Spagna [sic!, NdR], un palestinese in Israele, (...), un pacifista in Bosnia, (...) una casalinga sola un sabato sera in un sobborgo qualsiasi di una qualunque citta' messicana, (...) uno scrittore senza libri ne' lettori, e, naturalmente, uno zapatista nelle montagne del sudest del Messico. Poiche' Marcos e' un essere umano, un qualunque essere umano, in questo mondo. Marcos e' tutti gli sfruttati, gli emarginati e le minoranze oppresse che resistono e dicono: Basta!"

Ecco, Basta.

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Figurine e figuracce. Il direttore del supplemento quotidiano agli album dei calciatori trova tra una figurina e l'altra anche il tempo di recensire film sulla stampa della concorrenza. Ed e' appunto su Televenerdi' della fine di luglio scorso che ha stroncato non solo il film, ma anche la storia di Pippi Calzelunghe, adducendo a pretesto che sia "inventata a tavolino" e che "non rispetti i bambini".

Giudicare la storia di Pippi come offensiva per i bambini vuol dire non averne compreso la carica sovversiva, liberatoria e (orrore!) rivoluzionaria; considerare negativo il fatto che sia stata inventata a tavolino poi e' talmente comico che forse varrebbe la pena di dedicargli una intera raccolta di figurine... di merda.

Ma forse e' solo un'esempio di dove si possa arrivare quando si vuole scimmiottare il nefando "politically correct" statunitense che, per altro, sta passando rapidamente di moda.

Evidentemente il direttore kennediano non e' stato ancora avvertito.

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Carriere. Intervistato da "El Mundo", l'attore Antonio Banderas (Philadelphia di J. Demme) a domanda: "Tra breve lei sara' il "Che" Guevara nel film "Evita" di Oliver Stone...", risponde: "Non faro' nessuna fatica nell'identificazione psicologica: sono sempre stato di sinistra. A vent'anni ero un militante anarchico e organizzavo comizi. Chissa', se non avessi fatto l'attore...".

Appunto, e' quello che pensiamo anche noi, chissa' se avesse fatto l'anarchico anche dopo i venti anni?

Ancora carriere. Jacopo Fo, intervistato da "la Repubblica" (25/8/94), parla della suo ruolo di responsabile del "settore militare dell'autonomia".

"Io dicevo: a Milano abbiamo 70 uomini armati, se ci muoviamo bene possiamo averne duemila. loro sono due milioni e hanno l'aviazione, come possiamo vincere? E Toni Negri, o chi per lui si imbestialiva con crisi isteriche". (...) "Una volta che si doveva decidere la data di un attentato io arrivai chiedendo di rimandare l'azione di due mesi perchŽ volevo partire per il Portogallo con una ragazza che mi piaceva. E loro: va bene. Come se andare a scopare in Portogallo fosse un buon motivo per bloccare tutta l'organizzazione". Appunto.

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Il Comics Code e' un codice di autoregolamentazione degli editori di fumetti, nato negli isterici e puritani USA degli anni '5O, per castigare l'aria troppo trasgressiva che si respirava tra le strisce. Per quanto i censori pensassero essenzialmente ad evitare pruriti sessuali precoci tra i giovanissimi lettori e a salvare il buon nome delle istituzioni (poliziotti e i militari dovevano essere sempre dalla parte del bene etc), anche gli eccessi di violenza venivano limitati. Tra l'altro, ai 'buoni' veniva proibito di uccidere gli avversari inermi a sangue freddo, per quante 'cattiverie' avessero combinato.

Adesso il Comics Code fortunatamente, non e' piu' in vigore ed e' cosi' che in un paio di numeri di Dylan Dog, un bambino delle elementari puo' trovare molto piu' sesso di quanto ne trovavamo noi alla sua eta' in intere collezioni segrete di Isabella, Hessa e Jolanda. E puo' capitare anche di leggere fumetti in cui i piu' cattivi dei cattivi vestono spesso la divisa (Martin Mystere, Hellblazer, Akira, tanto per non far nomi).

Quello che sinceramente non ci saremmo aspettati di trovare (e che mai avremmo voluto vedere) sono 'eroi' che ammazzano come cani i delinquenti catturati. Eppure ce ne sono gia' un paio in circolazione. Agli inizi di luglio e' arrivata in edicola Kerry Kross, l'ultimo personaggio di Max Bunker, gia' benemerito creatore (negli anni '60) di Kriminal e Alan Ford e poi scivolato creativamente verso la ripetizione e la banalita' e politicamente verso destra, sino ad arrivare al leghismo piu' forcaiolo. Kerry e' un'investigatrice privata, ex FBI, lesbica, che al suo esordio si limitava ad assassinare tre criminali ormai nelle sue mani.

Ben piu' e' riuscito a fare un mese piu' tardi Dagon, un altro ex sbirro, col volto sfigurato, che alla sua prima apparizione manda a crepare atrocemente nell'acido solforico una mezza dozzina di malavitosi, dopo averli drogati con un gas. Il suo autore e' un certo Giuliano Campo che ha "combattuto in Angola, in Nicaragua, in mezzo mondo, ma dalla caduta del muro e' diventato un non-violento e un fumettaro".

Questi nuovi eroi assassini, evidentemente destinati al pubblico dei giovanissimi destrosi, assetati di giustizieri piu' truculenti di Di Pietro, per ora si limitano a far fuori i supercattivi. Kerry Kross sistema i rapitori di una bella bambina bionda e Dagon stermina i peggio trafficanti d'eroina di Chicago. Ai drogati semplici, agli zingari e agli anarchici ci penseranno tra un po'...

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ITALIAN KITSCH

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"Coloro che interpretano il simbolo lo fanno a loro rischio e pericolo." (O. Wilde)

L'universo simbolico in cui siamo immersi produce ed ostacola ad un tempo la conoscenza: vediamo il mondo attraverso uno "schermo" costruito da concetti che si iscrivono nella psiche "per imprinting", da idee che si nutrono dei nostri bisogni, timori, aspettative.

Su tale schema l'idea dominante si autorafforza trasformandosi in paradigma, cioe' in un nucleo di credenze, pregiudizi automatici e luoghi comuni che escludono a priori modalita' alternative di comprensione della realta': il paradigma e' irresistibile perchŽ e' inconscio, non appare in quanto tale ma solo attraverso le sue incarnazioni.

Senza una tale premessa e' praticamente impossibile avvicinarsi, sollevandone qualche inquietante velo, al circo nazionalpopolare di Forza Italia e, in particolare, alla sua simbologia.

Alla sua apparizione, il simbolo del partito della Fininvest ha ricordato a molti una vecchia pubblicita' dell'olio per motori Castrol ed e' venuto da chiedersi come la politica berlusconiana, nonostante l'esercito mercenario di image-makers di grido al suo servizio, avesse potuto adottare un simbolo cosi' poco originale e di dubbio gusto.

Ecco quindi qualche tentativo di scomposizione e lettura disincantata del nuovo feticcio.

- L'elemento principale e' il tricolore nazionale, quello che fin dall'Asilo ci insegnano ad amare e rispettare come la "nostra" bandiera e che, dal dopoguerra ad oggi, e' rimasto presente nei simboli dei partiti istituzionali ( di destra, di centro e di sinistra). Il vessillo bianco-rosso-verde era infatti il simbolo del Partito Liberale Italiano, ma i suoi colori sono stati variamente e costantemente richiamati in quelli del MSI, di Democrazia Nazionale, del PSI craxiano, del PRI, del PCI, del PDS, di Rifondazione Comunista (con un autentico atto di autorita' dei suoi vertici).

- La candida scritta Forza Italia (in diagonale da sinistra a destra, dal basso verso l'alto; secondo i piu' elementari canoni della comunicazione grafica) richiama invece lo slogan calcistico, associando conseguentemente l'immagine vincente del Milan di Berlusconi al Partito del Presidente del Milan, quale promessa di primato e rivalsa dell'Italia Nazione. Anche con la forza. Tale implicazione "sportiva" si sposa perfettamente col tricolore che torno' di moda durante i Mondiali di Calcio dell'82, vinti proprio dall'Italia di Pertini- Bearzot (e della P2). Inoltre nel '94, anno dei Mondiali in USA, scegliere un simile slogan ha garantito una pubblicita' gratuita ed indiretta sottolineata anche dall'autodefinirsi Azzurri dei replicanti del Cavaliere.

- Infine vale la pena di tornare sulla somiglianza con l'olio Castrol. Puo' darsi infatti che i grafici e gli esperti di comunicazione di massa incaricati di inventare il simbolo per il nuovo partito tele-peronista fossero a corto di idee, oppure che si siano inconsciamente ispirati al logo della Castrol, rimasto visivamente impresso nella loro memoria. Ma puo' essere anche un tentativo di messaggio subliminale in cui Forza Italia e' il giusto lubrificante per gli ingranaggi ingrippati dell'Azienda Italia, il necessario fluidificante del "nuovo miracolo italiano".

Il risultato appare comunque volutamente di cattivo gusto ed in questo probabilmente va ricercata la chiave per capire e smontare il rapporto di plagio e complicita', sancito tra Forza Italia e milioni di telecomandati, un rapporto morboso che e' ben fotografato dalle parole di Kundera quando definisce la pulsione verso il kitsch come "il bisogno di guardarsi allo specchio della menzogna che abbellisce, e di riconoscervisi con commossa soddisfazione".

Jean Rabe

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RUNA CONTRO RUNA

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Le rune sono di destra?

E' ben noto -perlomeno ai lettori di Martin Mystere e a quanti (tanti...) hanno visto "I predatori dell'Arca Perduta"- che i nazisti trafficarono parecchio con la magia e la paccottiglia esoterica in genere. Effettivamente, i servizi segreti del regime hitleriano avevano al proprio interno delle vere e proprie "sezioni magiche" che si occupavano sia del recupero di antichi oggetti di potere (l'Arca, la Spada di Re Artu' etc) che di controllare i praticanti di arti magiche (dai maghi di alto livello alle fattucchiere di campagna). Questo tipo d'interesse non deve stupire se si considera l'influenza avuta sullo sviluppo iniziale da parte di gruppi esoterici, tra i quali il piu' noto era la cosiddetta "Thule Gesellschaft", un'associazione fondata nella prima meta' del '8OO allo scopo di studiare la magia nordica. La Thule era in origine una societa' di studi storici e linguistici sorta sull'onda della riscoperta romantica delle radici pagane della cultura tedesca, ma a partire dal 1917 fini' sotto il controllo del barone Rudolf van Sebottendorff, l'editore di "Runen", una rivista pseudoscientifica che esaltava la razza ariana e incitava a "non sporcare il sangue tedesco" e a non permettere, quindi, ai membri delle razze inferiori di vivere in Germania. Alla passione per l'occultismo si uni' cosi' la propaganda razzista, sostenendo attivamente i gruppi di estrema destra che, da li' a pochi anni, si sarebbero coalizzati nel Partito NazionalSocialista. Fu un noto membro di "Thule", Friedrich Krohn, a disegnare la bandiera nazista con la svastica al centro, mentre Heinrich Himmler sponsorizzo' personalmente una ricerca sulla runologia germanica e, quando fondo' le SS, scelse come loro emblema la doppia (24), mentre nei gagliardetti dei corpi speciali d'assalto era posta (2).

Meno noto e' che, mentre i nazisti cercavano il potere dell'alta magia per realizzare i loro feroci sogni squinternati, una modesta forma di magia popolare costitui' un'arma essenziale per la resistenza danese contro l'occupazione tedesca.

Nell'aprile del 1940 la Wermacht invase la Danimarca. Il governo socialdemocratico e la monarchia trovarono presto coi nazisti un accordo che rimase in vigore fino all'estate 1943: le autorita' danesi avrebbero mantenuto l'amministrazione civile, giudiziaria ed economica, l'esercito e la marina sarebbero rimasti confinati nelle caserme e nelle rade dei porti, la Danimarca avrebbe continuato a rimanere ufficialmente neutrale, un "paese occupato non belligerante", e i tedeschi avrebbero avuto il controllo militare della penisola e la quasi totalita' delle forniture alimentari destinate all'esportazione. A partire dall'estate dello stesso anno, pero', inizio' la resistenza civile contro l'occupazione nazista con scioperi, boicottaggi, blocchi stradali, sabotaggi diffusi etc, metodi gia' sperimentati durante le lunghe lotte sindacali degli anni '2O e '3O (in epoca presocialdemocratica). Quando, nell'estate del 1943, a causa della crescente opposizione agli occupanti, il plenipotenziaro nazista Werner Best destitui' il governo e il controllo dell'ordine pubblico venne affidato alle SS, venne introdotta, per la prima volta dall'inizio della guerra, la censura della stampa e delle affissioni. Data l'impossibilita' di comunicare apertamente, i gruppi della resistenza decisero di utilizzare una scrittura segreta, come gia' avevano fatto, durante la repressione antisindacale negli Stati Uniti degli anni Venti, i wobblies dell'IWW (tra cui c'erano molti immigrati d'origine scandinava). La scrittura segreta della resistenza danese erano proprio le rune, tanto amate dai nazi.

Le rune sono le lettere di un antico alfabeto diffusosi a partire dal II Secolo d.C. nell'Europa Centro-Settantrionale, venivano incise sul legno o sulla pietra, raramente dipinte, ed erano utilizzate nelle epigrafi e nei rituali pagani. La mitologia scandinava attribuisce la loro paternita' a Odino, il capo degli dei in persona, mentre gli studiosi sono modestamente concordi nel ritenere che esse derivino dall'elaborazione di caratteri degli alfabeti latino, greco ed etrusco.

Per quanto le incisioni runiche siano state rinvenute dagli archeologi dalle Alpi Marittime a Capo Nord, a partire dall'Alto Medioevo la loro presenza e' attestata solo nella regione scandinava, dove, pero', con la diffusione dell'alfabeto latino persero il significato e la funzione originare. Nelle zone rurali della Danimarca e della Svezia ancora oggi le rune vengono utilizzate nei modi piu' svariati: come sistema divinatorio, come decorazioni augurali per le case e per le stalle, nei messaggi segreti degli innamorati, nei giochi dei bambini. Se in origine, le rune erano le lettere di un alfabeto fonetico, nel corso dei secoli l'uso popolare le ha trasformate in ideogrammi, il cui significato spesso varia da regione e regione e anche tra villaggio e villaggio. In Germania, invece, l'interesse per le rune era ripreso a partire dalla fine del XVIII secolo, grazie soprattutto a Jacob Grimm, il fondatore della moderna germanistica. Questo misterioso alfabeto che riscattava gli antichi Germani dal limbo dei popoli senza scrittura e che secondo i germanisti veniva usato solo da druidi e sacerdoti, non poteva lasciare indifferenti gli amici dell'esoterismo e ben presto i massoni tedeschi iniziarono ad utilizzare decorazioni runiche e a scrivere i loro documenti in caratteri similrunici.

Come abbiamo gia' detto, le rune vengono abitualmente incise: i loro tratti sono spigolosi e senza nessuna rotondita'. Per questo non e' necessario avere dell'inchiostro, della vernice o del gesso per scrivere una runa: possono bastare anche dei rami, delle pietre o dei vecchi tubi ben disposti. Inoltre, ogni runa puo' indicare oggetti o situazioni diverse a seconda della sua posizione e ne bastano poche per un messaggio gia' abbastanza elaborato. Tra la fine di settembre e l'inizio d'ottobre del 1943, per sfuggire alle insegne runiche degli uomini di Himmler, gli ebrei danesi percorsero un sentiero runico. Dopo che il Consiglio della Liberta' (il CLN danese) venne a sapere del progetto dei nazisti di fare un'unica e definitiva retata antiebraica, fu predisposta una gigantesca operazione che permise a circa 7000 ebrei (oltre il 95% della popolazione ebraica totale) di evacuare in Svezia, in pochi giorni, in barba al guardingo apparato militare nazista. Una diffusa organizzazione clandestina permise agli ebrei danesi di sfollare rapidamente dalle proprie case ed imbarcarsi per la Svezia, realizzando il piu' colossale espatrio di massa di ebrei della Seconda Guerra Mondiale. Lungo il tragitto verso la fuga, gli uomini della Resistenza avevano posto una serie di segnali runici.

(10) diritta indicava "un rifugio sicuro", mentre rovesciata indicava la possibile presenza di informatori;

(2) indicava "un punto di raccolta";

(6) indicava un luogo dove sarebbero arrivate delle automobili a raccogliere gli esuli etc.

Questo sistema di comunicazione fu determinante per permettere ad alcune migliaia di futuri ospiti dei lager di scappare da un paese dominato dai nazi. Due mesi dopo, sui muri delle fabbriche e degli imbarchi portuali inizio' ad apparire (25) ad indicare "sciopero", mentre (9) e (19) indicavano rispettivamente "presenza di SS" e "casa di un collaborazionista clandestino". Come si puo' notare guardando lo schema di R. Bloom, tutti questi significati derivavano in qualche modo da quelli tradizionali.

Nonostante l'Intelligence nazista avesse cercato in tutti i modi di individuare i canali di comunicazione della Resistenza, il ruolo delle rune venne rivelato solo alla fine della guerra.

Nel dopoguerra, le rune divennero un simbolo della resistenza popolare danese. Gli etnografi studiarono le rune nel loro utilizzo divinatorio e "segnaletico", come una sorta di I-Ching vichingo senza manuale d'istruzioni, ma con un po' di secoli d'uso. Alcuni linguisti arrivarono anche ad interpretarle come un sistema gia' in origine ideografico anche se derivato da alfabeti fonetici.

Le rune, inoltre, entrarono a far parte dell'iconografia della sinistra danese, in particolar modo dei gruppi antiCEE. Il Partito Socialista Popolare (la DP danese) per un certo periodo ha usato per la sua sigla (2)(24)(12), che, letto come un responso del "gioco delle tre rune", significa "l'unione deve uscire allo scoperto per arrivare alla trasformazione gioiosa". Il simbolo di "Faelles Kurs" ("rotta comune"), un altro partito m-l, e' sempre (2), mentre non e' difficile trovare rune o simili nella grafica delle pubblicazioni del movimento. Un simbolo runico di origine danese negli ultimi tempi e' diventato popolare anche da noi. A partire dalla seconda meta' degli anni Settanta, la vita di Copenaghen e di altre citta' danesi e' stata movimentata dall'arrivo dei B-Z, squatters che velocissimamente e silenzionissimamente (b...z e', appunto, il suono della zanzara) liberavano case sfitte e le sistemavano come abitazioni (per non poter essere sgomberati senza la sentenza d'un giudice) per poi inaugurarle con luminosissime e fragorosissime feste. Il simbolo dei B-Z era (24) cerchiata. Qualcuno poi ha pensato bene di aggiungerci una freccia da una parte e una coda dall'altra ed ecco a voi lo "zippo" che attualmente furoreggia su tutti i CSA d'Italia.

(24) fu scelta per indicare il sole che rientrava in stanze che, magari per anni, erano state al buio. Nella tradizione divinatoria questa runa indica il "sole", come "luce" che serve per vedere e per pensare e come "calore" che viene dagli affetti e dalla solidarieta'.

Se le SS hanno portato il buio e il terrore in tutta Europa, certo questo antico sole vichingo non e' stato disonorato dalle zippo dei CSA e delle zone liberate che nelle citta' del Vecchio Continente portano la luce della non sottomissione e il calore di relazioni genuine.

Peter P.

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TUONI & FULMINI

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Ancora sull'origine dello "zippo"

Peter P. non me ne voglia ma la sua, pur affascinante, storia dell'origine runica dello "zippo" non mi convince o, meglio, mi convince solo parzialmente. Senza voler negare un'influenza dell'alfabeto delle rune nella nascita di tale simbolo che sicuramente il movimento delle occupazioni ha fatto proprio "importandolo" dal Nord Europa; sono propenso a ritenere che vi sia stata - come spesso accade in questi casi - una sovrapposizione di culture e simbologie. Nel suo racconto Peter P. afferma che l'originale simbolo degli occupanti B-Z, di trasparente derivazione runica, venne un bel giorno modificato da un ignoto mattacchione che "aveva pensato bene" di trasformarlo graficamente in una freccia. Tale passaggio mi sembra tutt'altro che da sottovalutare e credo sia altrettanto interessante chiedersi perche' a questo bel tipo venne una simile idea e perche' questa venne cosi' felicemente accolta.

Con ogni probabilita' il nostro anonimo squatter non voleva disegnare una freccia (spezzata) ma bensi' un fulmine, una saetta, una folgore. Cerchiamo quindi di indovinare perche'.

Le azioni degli squatters sono fulminee; le zone liberate sono ad alta tensione (e talvolta non solo metaforicamente) per gli sbirri; gli okkupanti promettono fulmini e saette - come nei fumetti - in caso di sgombero forzato (basti ricordare la scritta scateniamo tempeste ma preferiamo il sole su un muro del Leonka). Inoltre all'inizio del secolo la folgore piaceva molto sia ai futuristi che agli anarchici, ricorrendo in poesie, quadri, giornali.

Per cui, se Peter P. evoca la mitologia vichinga, allo stesso modo, si potrebbe far risalire a Zeus il fulmine del movimento squatter che, tra l'altro, bisognerebbe sapere se alla sua prima apparizione somigliava alla S runica o ad una specie di N.

Avendo, in quest'ultimo decennio, frequentato l'ambiente dei centri sociali piu' volte mi sono divertito a fare delle "inchieste" tra gli occupanti che avevano adottato tale simbolo proprio sul suo significato.

Le risposte che piu' frequentemente ho riscontrato sono le seguenti: rompere l'accerchiamento, uscire dal controllo, occupazione, autogestione, anarchia, ecc.

Tra queste definizioni, la prima mi sembra piu' meritevole di attenzione e ricorda il segnale di uscita (una freccia dentro un quadrato); il cerchio infatti tende a racchiudere, delimitare un'area e la "freccia" in Fisica indica universalmente la direzione di una forza che, in questo caso, attraversa decisamente lo spazio circondato. Che il nostro fabbricante di saette soffrisse anche di claustrofobia? Mistero. Le tracce quindi non mancano, ma non mi sembra che portino in un solo luogo.

Jean

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ANONIMA SETTARI

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Avete perso la sensazione di fare parte della vera avanguardia dell'area rivoluzionaria?

Le situazioni senza un responsabile vi rendono nervoso?

Vorreste segretamente possedere, realmente, la scienza della storia?

Durante incontri casuali di societa', vi sorprendete ad esplorare la stanza alla ricerca di possibili quadri militanti?

Continuate a sentirvi piu' maturo e disciplinato del resto della sinistra?

Avete perso quel conosciuto senso di superiorita'?

Davanti all'edicola o quando entrate in una libreria i vostri occhi si dirigono sempre sulla copia del giornale del vostro vecchio Partito?

Vi sentite terrorizzato e confuso quando dovete dare vostri personali giudizi riguardo cose sulle quali ha sempre deciso il Partito per voi?

Trovate che sia troppo duro smettere di sognare ad occhi aperti di come portereste avanti i vostri compiti nel Ministero dopo la rivoluzione?

Qualche volte avete l'impressione che la riunione alla quale state andando sia un po' troppo aperta, troppo imprevedibile, troppo caotica, troppo rilassata, troppo anarchica?

Continuate a credere di capire quello che serve alla maggioranza delle persone meglio di loro stesse?

La menzione di alcune sconosciute o poco significative parole o date, tipo Kronstadt, Solidarieta', 1956, 1968, ecc. vi rendono stranamente irritabile?

Bene, voi non siete soli. Noi sappiamo quanto sia difficile per addestrati Leninisti adeguarsi alla vita fuori di un Partito dogmatico di avanguardia. Per questo motivo abbiamo creato un gruppo di appoggio per le persone come voi chiamato Anonima Settari. Ogni volta che vi sentirete indeboliti nel vostro neo trovato libertarismo potrete chiamare un altro Leninista addestrato come voi e parlargli dei vostri inconfessabili desideri di sottomettersi all'autorita' e di dominare i quadri. Basta chiamare il numero verde 1670-610 e parlerete con qualcuno che vi comprendera'.

(L'originale e' apparso sulla famigerata "Settimana del lucido da scarpe", Giornale Sacro della Jihad di Nostra Signora del Caos Perpetuo. Puo' essere liberamente riprodotto, citando la fonte, da chiunque salvo i sudici sfruttatori.)

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